Lettere ai figli

Lettera del padre della sposa

“Cara Ricarda ed Annapaola,

Solo voi potete sapere quanto è stato duro, difficile ed anche doloroso arrivare a questo giorno di felicità.
Purtroppo io non sarò con voi ma ci saranno fratelli e nipoti che vi faranno sentire l’affetto che meritate.
Già da domani tornerete ad affrontare l’intolleranza e in qualche caso addirittura l’odio per chi ha fatto una scelta di amore. Un amore diverso ma non per questo meno intenso e meno puro.

Ho oltre 80 anni e neanche per me è stato facile capire e d accettare fino in fondo. Ma quello che voglio dirci è né a me né ad altri che dovete rendere conto, ma solo l’una all’altra. Perché il diritto di amarvi è scritto più in cielo che in terra. “In paradiso i matrimoni non ci sono ma l’amore si”.
Benvenuta tra noi Ricarda. Per me sarai una figlia, sorella degli altri miei figli e come loro ti amerò.
Paola voglio ringraziarti per avermi donato ancora a questa mia tarda età la voglia di ribellarmi all’ingiustizia.
Auguri Papà”.

Papà dell’On. Anna Paola Concia

In questa pagina sono presenti le lettere selezionate da AGEDO Roma. Se vuoi, anche tu puoi inviarne una alla mail: agedoroma@libero.it

Lettera di una mamma AGEDO

Carissimi,
quello dell’11 Giugno è stato un Pride (per me il secondo) ancora più intenso del primo.
Non pensavo fosse possibile ma è stato così.
Non solo perché EuroPride ma, soprattutto, per le forti emozioni che per tutto il percorso ho provato.

Provo a raccontarvele:

Ovunque aleggiava la voglia e la necessità impellente di vivere serenamente la propria condizione; trasformata in gioia di vivere, troppo a lungo repressa. Il camminare con la schiena curva tutto l’anno sotto il peso di una colpa che colpa non è confluiva nell’esplosione festosa di colori, di canti di balli e sberleffi.
Da mamma ho letto tra le righe di quel rumoroso carnevale fuori tempo e ho sentito su di me tutto il peso di questo dolore e della paura che, per tutto l’anno, condiziona ogni loro mossa (e anche le nostre attese dei loro ritorni a casa).
Ho strillato col cuore ma era la ragione a sostenere la mia azione. E’ come se, da piccoli, venissero da te piangendo per un’ingiustizia subita, col labbro gonfio di botte e gli occhi pieni di lacrime.
Impossibile tirarsi indietro! Allora ho strillato e strillato contro un nemico invisibile ma presente (fatto di molteplici teste ma con in corpo una sola fobia) che i NOSTRI FIGLI NON SI TOCCANO. Che basta lacrime e dolore! Noi li abbiamo messi al mondo con gioia e nella gioia vogliamo farli vivere. Così fanno le mamme e i papà!
Per questo sono venuti sul nostro carro a piangere e a farsi consolare, per questo molti visi ai bordi della strada si sono riempiti di lacrime e non solo quelli dei ragazzi e delle ragazze ma anche quelli delle mamme e dei papà che per tanti (troppi) motivi, di solito non vogliono mostrarsi.
Perché li abbiamo difesi dimostrando la nostra determinazione e la nostra rabbia.
Ora sanno che non molleremo! (i ragazzi) e, forse (chissà) anche i genitori cominceranno a capire cosa si perdono non accettandoli.

Continuiamo così, un abbraccio
MammaMari

Ringrazio mio figlio

Ringrazio mio figlio per aver arricchito con la sua identità omosessuale tutta la nostra famiglia di una umanità vera, capace di guardare il mondo a tutto tondo.

Grazie per avermi liberato dalla verità unica in cui la nostra cultura ci ha violentemente scaraventato.

Una sola idea “buona” di vita, con soli uomini “buoni”, bianchi, occidentali, senza svantaggi fisici e/o mentali e con un Dio infinitamente buono, giusto e grande che, in ogni modo, deve imporre la sua presenza e la sua luce a tutto il mondo.
Grazie di avermi liberato da quel senso di superiorità verso l’Altro che spesso mi induceva a rerspingere chi aveva diversi da me stile di vita, pensieri, emozioni, morale, convinzioni politiche, sesso, religione… sino a
imporre agli altri, con violenza e prepotenza, i miei “buoni” stili di vita, pensieri, emozioni, morale.

Grazie per aver ampliato il mio concetto di amore oltre quello propugnato dal Papa cattolico nella sua enciclica troppo piena di distinguo e di limiti per poter essere l’essenza di un Dio infinito. L’Amore universale comprende l’
inclusione nel proprio Io dell’Altro, di qualsiasi altro, prendendolo per mano e accompagnandosi a lui nel meraviglioso viaggio della vita.
Grazie, figlio mio, per avermi fatto capire con i colori della tua bandiera rainbow la vera essenza del valore della bandiera della pace.

Stessi colori, di pari valore: rosso, arancione, giallo, verde, blu, viola, tutti visti dall’altra parte del cielo. Colori il cui significato di vita, salute, sole, natura, arte e spirito racchiudono tutti il significato dell’essere umano a qualsiasi latitudine sia, a qualunque altezza.

Grazie per avermi testimoniato il vero significato della discriminazione: oppressione di un essere su un altro in nome di qualche valore astruso, arbitrariamente stabilito dall’oppressore come valore superiore e universale.
Valori supremi di chi ha potere, che annientano gli unici valori eterni dell’ uomo: libertà e rispetto dell’altro.

La libertà e il rispetto non si impongono, non si esportano, non si predicano; essi prosperano tra gli uomini che non riconoscono e non creano differenze tra di loro, al di là di ogni differenza con cui la legge della vita si manifesta. Le differenze non devono creare gerarchie tra gli esseri viventi. Stabilire che una vita ha maggiore o minore valore di un’altra è un esercizio di potere e porta alle oppressioni e agli scontri sociali tra i popoli e nei sistemi.
Grazie, figli miei, per il coraggio che avete avuto nel rivelare i vostri preziosi sentimenti, le vostre vere identità a noi genitori, a noi cittadini, a noi uomini, indicandoci nuove strade da percorrere insieme a voi, insieme all’ Altro, insieme a tutti gli altri.

Grazie a tutti, figli e figlie, per aver sopportato le innumerevoli offese, che noi genitori abbiamo fatto alla vostra dignità di persone umane, dimostrando molta più capacità di comprenderci di quanto noi abbiamo fatto per le vostre identità.
Grazie infine per aver ridimensionato la mia superbia, le mie becere certezze, il mio piccolo pezzo di potere e di avermi insegnato che sono solo un piccolo uomo timoroso.
Un abbraccio forte a voi tutti, figli nostri, che ci avete dato il coraggio di unirci nell’AGEDO per starvi accanto, tenendoci e tenendovi per mano, alla ricerca di un sereno futuro comune.

Papà Ettore.

Eccoci | Poesia per i genitori AGEDO

Eccoci
(a tutti i genitori di Agedo)
Eccoci qui,
seduti in cerchio,
con i nostri discorsi che hanno radici nel cuore,
con le storie in una lingua comune,
con la voglia
di ascoltare davvero.
Eccoci col nostro dolore
spezzato e diviso tra noi
come un pezzo di pane buono,
con le nostre ferite
apertesi dentro
al primo respiro
di un vento inaspettato.
Eccoci, madri e padri dei nostri figli,
fiori dai colori fuori dell’ordinario,
nati in un giardino
calpestato e battuto,
che abbiamo avuto in sorte
di difendere.
Eccoci a camminare assieme
su una strada che nessuna guida consiglia,
bella ed estrema
come ogni verità.
Ed eccoci una sera qualunque
a guardare
fuori dalle finestre di tante città
il mondo che passa là fuori,
con una luce in più
dentro di noi.

Carlo

Lettera da Mamma a Mamma

Comitato Genitori OMOCRAZIA – movimento per i diritti omosessuali

Sono la mamma di una meravigliosa ragazza lesbica; meravigliosa perché dotata di sensibilità, sani principi, intelligenza; E’ vicina alla laurea e spera di potersi realizzare al più presto in campo lavorativo. Vive la sua condizione con dignità.

Sin dall’adolescenza e fino all’età di 19 anni percepivo in mia figlia dei disagi, cercavo di parlarle, di capire, ma lei mi tranquillizzava dicendomi “mamma, va tutto bene”. La guardavo negli che non sprizzavano la spensieratezza tipica di quella età. Non ero convinta e finivo sempre per dirle “non dimenticare mai che io ci sono sempre, per qualsiasi motivo, che il mio amore per te non ha fine”.

Notavo spesso il suo diario lasciato ben in vista, ero combattuta se aprirlo, pensavo “e se volesse dirmi qualcosa?”. Un giorno l’ho aperto, non parlava della sua omosessualità ma ho letto qualcosa che mi ha fatto sorgere dei dubbi in merito, ho riflettuto a lungo e dopo pochi giorni l’ho stimolata a parlare, l’ha fatto: Mi ha comunicato la sua omosessualità.

Non nascondo che sono entrata nel panico. Ero disperata, ma sono stati solo pochi minuti, poi l’ho guardata ed ho visto altro che una ragazzina confusa ed impaurita, in quel preciso ho capito che aveva sofferto e stava soffrendo, che aveva bisogno della sua famiglia. Ho stretto mia figlia al cuore, rassicurandola, dicendole che suo papà ed io saremmo stati sempre al suo fianco. Ricordo le parole di mio marito

Se nostra figlia è omosessuale non è colpa nostra ne tantomeno sua. Noi in quanto genitori, abbiamo il dovere di tutelarla dai pregiudizi, rispettare la sua condizione e fare di tutto per farla rispettare.

Mi sono detta che se volevo aiutare mia figlia nel modo più giusto dovevo conoscere il mondo omosessuale di cui sapevo molto poco. E’ stato un percorso doloroso, intanto ho dovuto cambiare schema mentale, accantonare le progettualità che ogni mamma pensa per i figli, ma non è stato certamente questo il lato più doloroso. Ho visto che questo mondo è fatto anche di persone buone, sensibili, educate e che soffrono perché discriminate, derise, vittime di uno stupido pregiudizio omofobo.

A causa dell’omofobia, rischiano la vita e quando va bene, sono ferite nel corpo e nell’anima; da qui la pura di rendersi visibili, di non essere accettate dalla famiglia e dai parenti. Per questo molti non si sentono liberi.

Tutto questo mi ha fatto star male, mi sentivo impotente, avevo bisogno anch’io di aiuto. Non ho mai fatto percepire il mio stato d’animo a mia figlia, a lei infondevo solo sicurezza, ma ho dovuto contattare uno psicologo, è stato molto bravo, mi ha aiutata e mi ha raccomandato di continuare sulla mia strada perché la cosa che ferisce di più questi ragazzi e che rischia di farli “perdere” è quella di essere rifiutati dalle famiglie. Nostra figlia, neppure per un attimo, è stata rifiutata. Siamo andati avanti, siamo cresciuti e diventati forti insieme. Ci sentiamo genitori nel pieno significato del termine.

Il messaggio che vorrei far arrivare alle famiglie che hanno un figlio omosessuale che non accettano o che fanno finta di non accorgersi, è questo:

“I figli sono un dono di Dio. Tutti, indistintamente uguali, figli dello stesso Dio. Se avessimo avuto un figlio malato, gravemente disabile, sicuramente non lo avremmo abbandonato ma assistito amorevolmente, e allora perché non si accetta un figlio omosessuale? E’ più importante l’opinione della massa che il suo benessere? Di che cosa ci dobbiamo vergognare? I nostri figli non sono omofobi e non hanno commesso alcun reato, la loro non è una scelta sbagliata o un capriccio, bensì una condizione naturale. Per questo motivo dobbiamo orgogliosamente stare vicino ai nostri figli, renderli forti e visibili, per far capire a chi esercita il pregiudizio che non è giusto, che nessuno è immune, che domani potrebbero (o forse c’è già) trovarsi un omosessuale in famiglia e quindi imparare ad avere rispetto, non solo del mondo omosessuale, ma di tutte le diversità.”

Se si voleva fare realmente qualcosa per frenare i vergognosi comportamenti discriminatori, doveva essere approvata la legge contro l’omofobia, integrata però da una insegnamenti specifici, ad iniziare dalle scuole elementari, cosi ché, sin da bambini, si possa apprendere il rispetto per le diversità.

Noi genitori, dobbiamo rivendicare con forza, insieme ai nostri figli, la legge per il riconoscimento per i diritti civili, necessaria in un paese che si definisce civile.

In paesi come la Germania, la Spagna, l’Inghilterra, l’America… gli omosessuali si possono sposare, altri hanno i Pacs. L’Italia e la Grecia niente in merito. Poi ci sono i paesi arabi, dove gli omosessuali vengono ammazzati.

Noi siamo famiglie per bene, lavoriamo onestamente, paghiamo le tasse, rispettiamo le leggi, esercitiamo il diritto di voto a destra e a sinistra e loro, i nostri politici, sono vergognosamente indifferenti, insensibili verso le gravi problematiche che affliggono gli omosessuali, le loro famigli, parenti e amici. Comico no?

Vogliamo parlare che della posizione della Chiesa?

Quando ero piccola e frequentavo il catechismo, ricordo che le catechiste ci chiedevano “chi ci ha creato?” e noi bambini, in coro “Ci ha creato Dio” La Chiesa difende, giustamente, la vita, dal concepimento fino alla morte poiché, la stessa è un dono di Dio che nessuno può togliere. La Chiesa è la stessa istituzione che difende le persone più deboli chiedendone l’integrazione.

Qualche giorno fa ho letto sulla rivista Araldi del Vangelo del febbraio 2010, una parabola dal titolo “il fiore della sincerità” che recita così:

Figlio mio, vai dall’imperatore e digli la verità. Se ridono di te, non ti preoccupare, è meglio dire la verità piuttosto che inventare una bugia qualsiasi per evitare una presa in giro. Così l’Imperatore disse: Ling è stato l’unico che non si è vergognato di dire la verità, sebbene abbia sofferto il ridicolo davanti a tutti. La sua sincerità deve essere ricompensata.

A questo punto nasce una riflessione: perché la Chiesa rimane muta davanti le gravi aggressioni omofobiche?

Ricordo di una notizia trasmessa dal telegiornale secondo cui un prete si era rifiutato di celebrare il funerale di una ragazza dichiaratamente lesbica (c’era la bandiera gay sulla sua bara).

Perché la Chiesa dice no alla comunione agli omosessuali? Sappiamo bene che non tutti siamo degni di ricevere il Sacramento della Comunione tuttavia, l’importante è non essere omosessuale!

Io ho molta fede, che preferisco vivere direttamente nei confronti di Dio, ritengo più dignitoso così.

Considerato che per lo Stato e la Chiesa, gli omosessuali non sono “persone”, i nostri signori politici, di destra e di sinistra (in quanto i diritti negati non hanno colore politico), potrebbero incaricare l’Onorevole Casini, notoriamente più vicino alla Chiesa, per fare una legge secondo cui venga individuato un sito, per esempio un’isola deserta, dove confinare gli omosessuali e le loro famiglie, compresi “i prilegiati” e requisire i loro beni a favore delle famiglie “eterosessuali” (Il massimo rispetto verso quest’ultime, di cui faccio parte). Naturalmente trattasi di utopia, per dire che la legge per il riconoscimento dei diritti civili non danneggia nessuno, ma fa solo bene a chi ne ha bisogno. E’ notorio che dove non arriva il senso civico di tante persone arriva sicuramente la legge.

Vorrei ora lanciare un messaggio per Francesco Zanardi e Manuel Incorvaia che hanno interrotto uno sciopero delle fame finalizzato al riconoscimento della loro unione e durato un mese abbondante:

“Forza ragazzi, il vostro sacrificio non è stato vano, il forte messaggio è arrivato. Con la speranza di essere sempre più numerosi e motivati a rivendicare i sacrosanti diritti che renderebbero più semplice e serena la nostra vita.”

Gli omosessuali e le loro famiglie, in Italia, ESISTONO, è una realtà che non può più essere ignorata.

Aurora


Lettera di un papà

Ho due figli omosessuali e vivo sulla pelle della mia famiglia l’omofobia della società italiana.

Mia figlia, lesbica, vive in Francia, dove ha suggellato con un Patto civile di solidarietà (PACS) l’affetto che ha per la sua compagna italiana. Ha diritto di andare tranquilla con lei per strada mano nella mano, di accarezzarle i capelli e di darle un casto bacio quando lo vuole, di mostrare al mondo il suo “amore da materasso”, perchè chi ama non può e non deve nascondersi. Inoltre ha altri diritti sanciti con leggi scritte dalla Repubblica francese.
Mia figlia mi dice: papà sono felice di vivere in questo Paese!
Mio figlio vive in Italia, nazione di persone “educate rispettose degli altri”, in cui si evita accuratamente di scrivere un qualsiasi straccio di legge contro l’omofobia, mentre il nostro Parlamento legifera importi di multe e modalità di respingimento da applicare all’altro, al diverso.
Mio figlio mi dice: papà, ho paura di vivere in questo Paese!
Ed io ho vergogna, perchè la campagna antiomofobia del nostro ministro delle Pari opportunità, che esibisce begli argomenti di accettazione delle persone a prescindere dalla loro “scelta di materasso”, non toglie un briciolo di paura a mio figlio.
Nè glielo toglie il sapere che viviamo in una nazione buonista e bucolica, antinegazionista e antirazzista.
Papà Ettore